Maggiore Gábor Steer LA PRIMA GUERRA MONDIALE: IL FRONTE ITALIANO Per Dominika e Levente Tutto é successo durante la prima guerra mondiale, che allora non era chiamata cosí da nessuno. Anche molto tempo piú tardi dei patti di pace di Parigi veniva menzionata come „la grande guerra” quella terribile distruzione e strage che succedeva ai fronti di Europa fra 1914 e 1918. Hanno cominciato a chiamarla „prima” quando era giá scoppiata la „seconda”. I corpi d’armata ungheresi nel 1915 si sono spostati dal fronte di Serbia a quello d’Italia, siccome l’Italia nel 1915 ha mandato la dichiarazione di guerra agli Imperi Centrali. Si é formato un nuovo metodo della guerra, ormai non erano le battaglie a decidere, chi vince o chi perde, ma si é formata la guerra di posizione, di trincea e la lotta é diventata infinita, la guerra dei nervi. La guerra di posizione veniva lottata nelle trincee, con shrapnel, con gas di battaglia, con le granate. L’eroismo non veniva misurato nei combattimenti corpo a corpo /nelle zuffe/, il nemico non va colpito con la spada, anche i cavalli hanno ruolo piuttosto nei trasporti. La guerra é diventata grigia, perché non c’erano piú uniformi colorati e ornati, colbacchi, cavalli dalla crine luminosa – ma si camminava in cappotti di panno /feltro/ dal colore grigio-marrone, in barretti che non davano nessuna difesa, si camminava in polvere e fango e la lotta non finiva mai – si aveva freddo, si era bagnati, si aveva sete, il cibo era non mangiabile, e trincee, cosí via, infinitamente.
Nel 1915 continuó il suo servizio al fronte italiano, dove lo aspettavano compiti sempre piú seri. Qui ricevette la destinazione di comandante di battaglione. Durante un’operazione militare all’Isonzo, nel settembre 1916 ha compiuto un’operazione con la sua compagnia senza ordine superiore; hanno dovuto occupare una testa di ponte. Il capitano aveva buoni rapporti con i suoi soldati, che gli davano retta e gli obbedivano. I suoi superiori hanno presentato la candidatura per ulteriori medaglie, motivando questo con il comportamento eroico ed efficace nei confronti del nemico; cosí ha ricevuto l’ordine della Corona di ferro con le palme e spade, ma aveva ricevuto anche la Croce di guerra, che ha accettato fieramente nell’anno 1917.
Nella seconda metá di 1917 il capitano Gábor Steer s’interessava non soltanto del comportamento eroico verso il nemico, ma anche di
altre cose. Il comando militare nei pressi di Gorizia teneva un ordine severo fra i soldati della formazione della difesa nazionale,
ma gli ufficiali potevano andare liberamente nei locali di divertimento. Il capitano, come sí, come no, ha fatto conoscenza con una
ragazza italiana, chiamata Giannina, proveniente da una famiglia numerosa. La ragazza
Dopo le nozze il capitano ha accopagnato a casa sua giovane moglie. Il Capodanno di 1918, la giovane coppia é arrivata a Debrecen - la cittá chiamata „civis”, cioé contadino-cittadino – dove in via Péterfia c’era la casa solida del „giovane” marito. I genitori non erano giá in vita ma, la casa era stabile e il personale faceva il suo dovere. Giannina Premru é diventata la signora di questa casa, era straniera, non parlava né una parola in ungherese, era giovane, quasi moglie bambina. E sapeva che suo marito – di vent’anni piú anziano di lei – sarebbe fra poco tornato al fronte e lei rimaneva qui, in quest’ambiente estranea. Le due settimane sono passate velocemente, i due giovani facevano visite, guardavano la cittá, e il marito – lo era da poco piú di quindici giorni – é tornato al fronte. Poco dopo il suo ritorno ha avuto una sorpresa piacevole, l’hanno chiamato al comando del reggimento per ricevere il suo nuovo grado. Durante la ferie l’hanno nominato reggente e, la nominazione l’ha potuta ricevere adesso, dopo il ritorno, dal colonello Lang. L’ha sorpreso la nominazione, gli sembrava cosi che il suo matrimonio ostacolasse la sua promozione, ecco é successo il contrario. E diventato maggiore, questo é un grado serio nell’esercito. Chissá, quanto dura ancora la guerra, quando puó tornare in via Péterfia numero 51, che puó chiamare doppiamente la sua casa, perché Giannina lo aspetta li. L’anno 1918 significava disperate lotte per i soldati ungheresi, molti cadevano fra quelli che pensavano, fra poco sarebbe finito tutto, si preparavano al ritorno a casa, poi é venuto il proiettile, lo shrapnel, e alla fine l’annuncio per la famiglia, il figlio, il marito, il padre é morto eroicamente. Il maggiore Gábor Steer prendeva atto tristemente della perdita a catena dei suoi soldati, accoglieva i nuovi arrivati per sostituire i caduti, il suo grado maggiore non lo rendeva indifferente nei confronti della sofferenza, della morte senza senso dei suoi soldati.
Nel mese di maggio i graduati che stavano attenti alla rifornitura, hanno notato una notevole mancanza di munizione. Il completamento
era possibile soltanto da casa cioé, dal deposito d’armi del paese (nostrano). Hanno chiesto riformento in telegramma al centro
budapestino, e loro hanno mobilizzato il deposito dell’Ungheria del Sud. Alla fine hanno dato l’ordine al deposito ausiliario di
Újvidék: devono trasportare grande quantitá di munizione in carri merci all’unitá (quadro) di Udine, e la munizione sarebbe
distribuita da lí. L’organizzazione della logistica era abbastanza problematica; siccome gli uomini pronti ad entrare in campagna
(cioé quelli che erano capaci di fare il servizio militare) erano tutti reclutati molto tempo prima; adesso chi possono trasportare,
accompagnare la munizione sul carro merci? Allora hanno chiamato giovani civili dai riservisti che per qualche motivo familiare (per
esempio l’unica persona con guadagno, sostenitore della famiglia) non erano arruolati al servizio militare ma, una volta si poteva
chiamarli per un servizio di alcuni giorni. Cosí un giovane di 22 anni di Bács-Gyulafalva ha ricevuto l’annuncio. Lui viveva con i
genitori e la sorella minore; ma i genitori allora non avevano guadagno, e la sorella frequentava l’istituto tecnico chiamato commerciale.
Il trasporto é partito, verso fine maggio faceva giá caldo, negli stivaloni sudavano i piedi, nei panni pesanti sudavano i corpi. Il treno merci stava piú fermo che andava avanti verso Udine, stava fermo per ore sui binari esterni, doveva aspettare che i treni passeggieri lo scantonassero. Anche cosí il terzo giorno é arrivato alla destinazione. Intanto si poteva dormire soltanto alcune ore sui pagliericci nel vagone, neanche il cibo freddo due volte al giorno piaceva agli accompagnatori. Arrivando a Udine non vedevano l’ora di disimballare la munizione dai vagoni, perché con il disimballaggio é finito il servizio, sono potuti tornare a casa. Gli accompagnatori riservisti erano in otto, il loro capo pure riservista, ma in grado sottotenente; lui incriminiva di non essere accolti come deputazione Niente parata, niente schiamazzo, non si sentiva nemmeno un „grazie”; qui tutti fanno il loro dovere e lo aspettano dagli altri. Non hanno ricevuto un pranzo di gala, ma una carta d’abbonamento al pranzo, con la quale hanno ricevuto una porzione di cibo caldo alla cucina del reggimento con ripetizione. Riservista Fürstner ha mangiato il pranzo alla mensa ed é partito a cercare gli altri compagni, per saper quando potevano tornare. Allora ha incontrato un soldato malvestito, appena guarito dalla ferita, che gli offriva a comprare un paio di stivaloni di cuoio. Lui sicuramente non ne avrá piú bisogno, cosí lo vende a buon prezzo. Buon prezzo o no, Mihály ha pensato di portare a casa almeno qualcosa dal fronte italiano, e ha comprato gli stivali per trenta corone, e siccome erano allacciati con uno spago lo stivale destro e quello sinistro, li gettava sulla spalla, a tracolla, uno pendeva sul petto, l’altro sul dorso. Ha pensato di venderli a casa, questi stivali buoni sono adesso articoli ricercati. Si doveva aspettare il treno con cui si poteva tornare. Non ha trovato i compagni con i quali era venuto qui, c’era terribile calca accanto ai binari, siccome adesso si aspettava treno passeggiero e non quello merci. Alla fine é arrivato sbuffando un convoglio, con carrozze in triste condizioni, erano legati anche alcuni vagoni merci. La gente e soldatesca che erano lí, hanno assalito le carrozze, urtavano e spingevano Mihály, da destra e da sinistra, lo spago che teneva gli stivali gli tagliava la spalla, ci volevano parecchi minuti per salire prima sui gradi e poi nell’interno della carrozza. Non c’era posto per sedersi ma in piedi si poteva stare. Anche qui lo stringevano, sentiva che qualcosa si era staccato, ma soltanto alla partenza del treno si é accorto del fatto, che gli stivaloni comprati poco tempo fa non erano sulle sue spalle, invano guardava intorno, gli stivali sono spariti e non ha visto la sua nuova acquisizione nemmeno nelle mani dei suoi vicini. Lo hanno liberato dal suo oggetto di valore abilmente, c’era una volta, ormai non c’é piú, che si puó fare. Mihály era triste per le corone pagate. Il viaggio di ritorno – per fortuna – é stato piú breve, all’alba del giorno successivo erano giá nei paesi nostrani. La sera sono arrivati a Újvidék, é dovuto presentarsi nell’ufficio dei riservisti, da lí arriva a casa con alcuni trasbordi. Gyulafalva non ha stazione ferroviaria, prenderá un carro con cavalli. Suo padre si arrabbierá per la sua goffaggine: gli hanno rubato gli stivali dalla spalla, che babbaleo!
Il maggiore é rimasto al fronte italiano fino a novembre 1918. Il 19 é partito con il ripiegante reggimento di fanteria nr. 3 e il 24 novembre é arrivato a Debrecen. Come comandante di battaglione finalmente é potuto stare a casa in via Péterfia, anche se le circostanze di guerra, il vento della rivoluzione, e la privazione /essere alle strette/ rendevano difficile la vita, potevano passare in tranquillitá 3-4 brevi mesi con sua moglie. Ma nei primi di aprile ha dovuto difendere la linea di demarcazione nei pressi del Királyhágó, da maggio l’hanno mandato a Brassó, dove dal 1 agosto fino al 1 dicembre é stato prigioniero in un campo di internamento rumeno. Nel campo di internamento di Brassó ha ricevuto la notizia che il 21 settembre era nata sua figlia a Debrecen chiamata „Gabriella”. Tutto questo solo in forma di notizia e messaggio. Da Brassó é capitato nel cosídetto „campo di prigionieri rossi” di Szolnok, poi ancora in quel mese lo trasportavano al battaglione di riserva di Szeged, qui lo tenevano fino al 1 marzo 1920, soltanto dopo é seguito l’esónero dal servizio. Nel marzo di 1920 é potuto tornare a Debrecen, ma fino a luglio stava sotto „procedura penale”, soltanto da luglio si é trovato in libertá e soltanto in ottobre hanno finito il processo inquisitorio. Tutto questo era dovuto alla ripercussione del „kommün”, gli ufficiali dovevano giustificare cosa facevano durante e dopo la „dominazione” di Bela Kun. Quando é tornato nella casa in via Péterfia, non c’erano né Giannina, né la bambina. Dopo la nascita della bambina a sua moglie hanno diagnisticato la tubercolosi, la donna disperata si é lamentata ai parenti di Gorizia della sua malattia. Sua sorella maggiore di 10 anni, Poldi, sentendo, cosa é successo, é salita sul treno ed é venuta a Debrecen per la sorella e per la bimba piccolina, ha portato tutte due dai genitori. Il maggiore lo aspettava una lettera, segnalando, quanto era successo. Le circostanze di guerra rendevano impossibile per lui di seguirle, ancora meno possibile di riportarle. Il colpo piú grande é stato per lui, quando alla fine dell’anno ha ricevuto la notizia che sua moglie era morta in tubercolosi, quando sua figlia non aveva compiuto ancora un anno. Attualmente non poteva fare niente per loro, ma sua figlia prima o poi deve tornare da lui. Il riservista Mihály non aveva una vita cosí movimentata dopo essere tornato dal fronte italiano, dopo il trasporto di munizione. Fra poco ha fatto gli studi di commerciale, ha preso il diploma che giustificava di essere perito nel commercio, poteva anche aprire un negozio. Per poterlo fare, doveva avere il capitale. Doveva aspettare di trovare una ragazza che poteva /e voleva/ sposare e che avesse una dote per poter aprire un negozio eventualmente a Szabadka, o nel suo paese di nascita.
E cosí é successo. Il maggiore alcuni anni piú tardi ha ricevuto la figlia dai parenti italiani, e l’ha fatta studiare a Debrecen,
nel liceo cattolico femminile di nome Nostra Dama d’Ungheria fino agli esami di maturitá. Mihály ha sposato una ragazza di Csurog,
con la sua dote ha aperto un negozio.
Budapest, il 17 marzo 2016. Földesdy Gabriella
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